Bitonci schiera i cani davanti alle cucine popolari. Il vescovo da suor Lia

Il Comune insiste nell’operazione di controllo e dà la caccia agli spacciatori. Monsignor Cipolla risponde con i fatti e va a pranzare insieme ai poveri

 

Erano in nove, lunedì, gli uomini della polizia locale che presidiavano l’ingresso e i dintorni delle Cucine popolari di via Tommaseo. Martedì, sempre all’ora di pranzo, sono tornati con i rinforzi: un agente in più, un capo in borghese e un cane antidroga. L’altro ieri cercavano i poveri, scegliendoli a campione, fermandoli in mezzo alla gente e schedandoli come malviventi. Martedì anche gli spacciatori, ma non ne hanno trovato neanche uno. Agli agenti speciali con un bel lupo al guinzaglio, a un certo punto si è imposta perfino la ritirata. È successo alle 12.45, quando dall’incrocio con via Foscolo è arrivato a piedi il vescovo don Claudio Cipolla, accompagnato da don Gabriele Pipinato, vicario episcopale per le risorse. La diocesi, padrona di casa, ha risposto così – con la forza di un gesto – all’assedio del Comune. «Sono qui in segno di solidarietà», ha detto Cipolla, passando davanti ai vigili. «Ne ha bisogno suor Lia e ne hanno bisogno i poveri». Quindi si è infilato alle Cucine e si è messo in fila allo sportello per riempire il suo vassoio, prima di pranzare con gli ospiti.

Suor Lia lo aspettava. Il vescovo aveva annunciato il suo arrivo a metà mattina e la religiosa lo ha fatto accogliere con grembiuli candidi e un po’ d’ordine in più: i giubbotti dei volontari sono finiti in lavanderia, giusto per dare un po’ di decoro in più alla stanza di servizio. Per il resto è stata una giornata normale. «E anche i presenti sono sempre i soliti», ha confermato suor Lia, ieri di poche parole. «Anche lunedì non abbiamo registrato un calo di presenze. C’è stato un momento in cui sembrava che mancasse qualcuno. Poi però abbiamo recuperato». Nessuno si è tirato indietro, neppure di fronte alla presenza dei vigili. Nessuno ha paura.

Il picchetto degli agenti, tutt’altro che discreto (anche perché accompagnato da una folta presenza di cronisti e telecamere), ha trasformato un rito discreto come il pranzo dei bisognosi in un happening mediatico piuttosto fastidioso per chi voleva solo riempirsi la pancia con qualcosa di caldo. Comprensibile l’irritazione di suor Lia, anima delle Cucine, il cui umore era già pessimo lunedì, dopo i primi controlli. La religiosa non ha gradito – per modo di dire – il bis concesso dai vigili. Ma stavolta si è limitata ad allontanare tutti da dietro la porta: «Facciano pure i controlli che vogliono», ha detto. «Qui non ci sono delinquenti, ma persone umane». Tra gli ospiti in attesa del pasto, molti e coloriti gli attacchi al sindaco. «Vuole solo far casino», uno dei pochi riferibili. «Scrivete che il Comune manda i vigili ma non dà i soldi per il cibo», accusa un altro. Tesi non proprio corretta ma che nasconde una verità: i servizi sociali, dopo l’ultima sforbiciata ai fondi, mandano più di un cittadino a pranzo da suor Lia. Ecco perché la presenza dei vigili risulta più fastidiosa.

La gente, al solito, si divide. Vittorio Rosa, del sindacato Lavoro e Società, ha l’ufficio di fronte alle Cucine ed è indignato: «Questa caccia ai poveri è scandalosa. Se il sindaco vuole, glieli indico io gli spacciatori». Un ospite di suor Lia lo sente e gli dà ragione: «Neanche da me in Marocco fanno cose così». Poi c’è l’altra campana. Un architetto con studio in via Mameli promuove l’operazione sospirando che «era ora» perché «di tutto lo spaccio che c’è qui non se ne può più». La realtà è che un ipotetico sondaggio tra i residenti e i commercianti della zona promuoverebbe largamente il blitz dei vigili e dunque l’azione del Comune, perché chi vive e lavora da queste parti convive da tempo con un pesante senso di insicurezza. Però l’efficacia dello strumento scelto e la modalità di attuazione restano al centro del confronto.

Più tardi, a fornelli spenti e a Cucine chiuse – quasi trecento pance riempite – il vescovo, attraverso l’ufficio stampa della diocesi, precisa il senso della sua presenza a tavola con gli ospiti delle Cucine. «Non era la prima volta che venivo qui tra amici», ha dettato don Claudio. «Il nostro impegno è per i poveri e per loro vogliamo fare sempre di più. Il termine schedatura, più volte risuonato sui giornali, non mi appartiene». Semmai, fa capire Cipolla, bisogna avviare una «conoscenza personalizzata e di accompagnamento perché queste persone possano reinserirsi nella vita sociale». Il vescovo, a nome di tutta la diocesi, promette quindi di rafforzare i percorsi di aiuto verso chi ha bisogno. «Ho la certezza interiore», si legge ancora nella nota, «di interpretare non solo la sensibilità delle comunità cristiane, ma anche quella di tanti cittadini. Con l’aiuto di suor Lia e di tanti altri operatori di prossimità c’è la consapevolezza che non servono solo interventi di emergenza ma bisogna lavorare di più perché l’attenzione verso chi è in difficoltà trovi spazio nella vita della città».

 

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