La fusione Aps-BusItalia al «setaccio» sindacale

La fusione Aps Mobilità & BusItalia passa, per forza, attraverso la verifica sindacale.

Oggi nella busta paga degli autisti c’è una differenza di 250-300 euro netti a vantaggio della società che fa capo al Comune. E le condizioni di lavoro, sono totalmente diverse: gli autisti restano al volante “solo” 6 ore e mezza ed i cosiddetti spezzati sono pochi; all’ex Sita tanti dipendenti prendono servizio alle 7 e possono tornare a casa solo dopo le 19, perchè gli spezzati sono la norma.

Così i sindacati di categoria (Cgil, Cisl, Uil, Usb, Sul, Faisa-Cisal, Sls ed Ugl) sono d’accordo sulla fusione entro la fine dell’anno, ma solo a determinate condizioni. «Il matrimonio va fatto al rialzo e non al ribasso- sottolinea Ilario Simonaggio, segretario regionale della Filt Cgil- I dipendenti attuali dell’Aps non dovranno guadagnare meno di adesso: il loro contratto nazionale è bloccato da oltre tre anni. E gli autisti di BusItalia hanno diritto a più soldi rispetto al salario attuale. I turni futuri non dovranno certo peggiorare le condizioni di lavoro di tutti. E a proposito di occupazione è scontato che i posti di lavoro non si toccano».

Intanto, a partire da domani i sindacati di categoria e le Rsu di tutte le aziende di Tpl del Veneto si mobiliteranno in occasione dell’inizio in consiglio regionale del dibattito tra le forze politiche presenti a palazzo Ferro Fini sul bilancio di previsione per il 2012.

«Non è possibile che il governo locale, guidato dalla Lega e dal Pdl, abbia stanziato ancora meno fondi regionali rispetto al 2011- aggiunge Simonaggio- Ragionare di 15 milioni di euro in meno significa incidere sulla qualità del servizio. Ancora una volta Zaia e Chisso stanno facendo di tutto per costringere le aziende venete a tagliare altri chilometri, specialmente sulle linee periferiche e per metterle nelle condizioni di dover aumentare i biglietti e gli abbonamenti. Lo sanno o fanno finta di non saperlo Lega e Pdl che, alla fine di tutto questo percorso politico, ci rimetteranno ancora una volta le famiglie dei ceti meno abbienti?».

 

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