Licenziata in malattia, riassunta dal giudice

Lavoratrice dell’impresa Miorelli ottiene ragione, sostenuta dal sindacato Sls guidato da Vittorio Rosa

Era stata licenziata perché – sosteneva l’azienda Miorelli Service spa, un’importante azienda di pulizie – aveva superato il periodo di comporto, quello durante il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro in caso di malattia, gravidanza o infortunio. E non aveva mai risposto alla lettera della società che la invitava a comunicare se intendesse o meno avvalersi del diritto all’aspettativa non retribuita. Sostenuta da Sls (Sindacato lavoro e società), guidato da Vittorio Rosa e tutelata dall’avvocato Emanuele Spata che ha fatto esplicito riferimento all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la 46enne di Padova ha impugnato quel licenziamento. E il giudice del lavoro, Mauro Dallacasa, le ha dato ragione, dichiarando nullo il licenziamento e condannando Miorelli Service spa, con sede centrale a Trento, a reintegrare la 46enne nel posto di lavoro e a risarcirle il danno nella misura pari agli stipendi “perduti” (dal giorno del licenziamento al ritorno al lavoro) oltre a pagare contributi, rivalutazione e interessi con le spese legali. La signora, assunta l’1 gennaio 2008, lavorava a tempo parziale, 15 ore settimanali rispetto alle 40 a tempo pieno, come addetta alle pulizie negli edifici universitari in via Venezia 13 (l’ex concessionaria Ceccato). Il 3 settembre 2013 finisce al Pronto soccorso in seguito a un’aggressione: ha problemi al collo. Continua a star male e resta assente dal 13 al 27 dicembre dello stesso anno. Il 18 febbraio 2014 la lavoratrice comunica alla Miorelli di dover assentarsi ancora a causa di forti dolori al braccio e alle mani. Dolori che persistono tanto da costringerla a rivolgersi al Pronto soccorso dove le viene riscontrata un’algia alla spalla causata da contrattura paravertebrale con prognosi di 6 giorni. La malattia prosegue fino all’11 aprile, la vigilia del rientro al lavoro. Ma quel giorno la signora riceve una telefonata: dall’altro capo del filo la sua responsabile le comunica che non è più considerata alle dipendenze della Miorelli in quanto, un mese prima, aveva firmato una lettera di dimissioni. Lettera mai sottoscritta né convalidata davanti agli uffici competenti, ha osservato l’avvocato Spata nel suo ricorso, «In lei non c’era alcuna volontà di dimettersi: falso quanto le è stato riferito al telefono… E falso è quanto riportato nella comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro trasmessa dalla Miorelli spa al Centro per l’impiego di Padova… La signora si era assentata dal lavoro per soli 23 giorni, risultando all’interno del periodo di comporto quando, l’11 aprile, ricevette la telefonata relativa alla cessazione del rapporto di lavoro». Il giudice ha condiviso.

 

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