- Il giudice ha riconosciuto la malattia professionale dando torto all’ente
- Lahcen Boukdir è morto a marzo 2019 dopo un calvario durato quasi tre anni
CAMPODARSEGO
Soddisfazione del sindacato Slp per la sentenza del giudice del lavoro Francesco Perrone che ha sancito come la morte dell’operaio Lahcen Boukdir, avvenuta il 3 marzo dello scorso anno, sia correlata al lavoro svolto nella fonderia del gruppo Valbruna di Vicenza.
«Il verdetto è il successo della battaglia legale condotta dalla famiglia che chiedeva chiarezza e giustizia per il proprio congiunto, come si opponeva sempre al riconoscimento delle malattie professionali e dei morti sul lavoro – ha commentato Vittorio Rosa (Slp) –. L’Inail dovrebbe invece investire nel lavoro di prevenzione aumentandone i controlli sulle condizioni di lavoro dei dipendenti, sull’applicazione delle normative in tema di sicurezza e tutela dei lavoratori. Questa volta è stata fatta giustizia per il dipendente defunto. Voglio ringraziare i medici di Medicina del Lavoro che hanno concluso come il cancro che lo aveva colpito fosse riconducibile alle condizioni di lavoro».
LA VICENDA
Dal momento dell’assunzione l’uomo era stato destinato a lavorare in fonderia dove il suo stato di salute, già precario al momento della cromatura, lavorava a stretto contatto con sostanze chimiche quali il cromo esavalente, sostanza cancerogena, la soda caustica e i solventi di vario tipo.
La vicenda prende avvio nel 2016, quando l’operaio comincia ad accusare i primi sintomi della malattia, oltre ad una tosse persistente. Era esposto tossicologicamente più di quello che in realtà avrebbe dovuto. La sua situazione peggiora sensibilmente fino a rendere necessaria una serie di accertamenti medici, che evidenziano un tumore in stato avanzato ai polmoni.
Con il passare del tempo, la documentazione acquisita è insufficiente per eseguire un giudizio medico-legale. Nel frattempo le condizioni dell’operaio si aggravano sempre più. Viene sottoposto anche a interventi chirurgici ma il 3 marzo dello scorso anno arriva il decesso.
Le sostanze chimiche a cui era stato esposto nel corso della sua attività lavorativa risultano fondamentali per stabilire il legame tra la malattia e le condizioni di lavoro.
«Il cancro è stato considerato riconducibile alle condizioni di lavoro»
Per due volte l’istituto si era opposto alle richieste della famiglia
La moglie e i cinque figli non si arrendono e presentano un ricorso amministrativo contro l’archiviazione dell’Inail, anch’esso respinto.
Il caso viene preso in mano dall’avvocato Emanuele Spata e giunge di fronte al tribunale del lavoro di Padova. Il medico legale conferma il nesso tra l’attività lavorativa e l’esposizione a sostanze tossiche.
La sentenza accoglie il ricorso degli eredi e impone all’Inail di risarcire la famiglia.
I risarcimenti saranno stabiliti nel corso del procedimento amministrativo. La decisione definitiva è attesa per l’inizio del 2020.
Luisa Morbiato – il Gazzettino