«Aps e BusItalia, garanzie sui contratti»

«Sì alla fusione tra Aps Holding e BusItalia, che, in futuro dovrebbe essere allargata anche all’Actv, ma le condizioni per arrivare, entro giugno del 2014, alla creazione della new.co Bus Italia Veneto, con il 60% delle azioni all’ex Sita ed il 40% all’Aps e con i contratti di secondo livello da rivedere, non ci stanno bene». Questa la posizione dominante della Filt Cgil, illustrata, ieri, da Romeo Barutta ed Andrea Castellan. «La governance della futura azienda deve restare in mano pubblica» ha detto Barutta «Gli oneri per il tram (che produce un deficit di due milioni all’anno, ndr) rischiano di essere pagati con i tagli ai salari. I turni di lavoro, oggi con pochi spezzati, potrebbero essere molto stressanti di quelli attuali. Perché, poi, tagliare 1.800.000 km tra le due aziende? In pratica gli utenti avranno meno corse o no? È vero, infine, che il futuro biglietto unico (in vigore a Napoli ed in Campania già da 12 anni), suddiviso a fasce chilometriche, sarà ancora più caro?» Barutta ha anche annunciato che oggi i delegati dell’Aps effettueranno un volantinaggio in centro per coinvolgere gli utenti del Tpl e che, il 16 dicembre, ci sarà uno sciopero nazionale del settore, visto che il contratto è bloccato dal 2007. Intanto, sempre in Aps, è venuto alla ribalta un nuovo sindacato, SLS (Sindacato, Lavoro e Società, guidato da Vittorio Rosa e Fulvio Di Bernardo che ha già raggiunto trenta iscritti. Un sindacato di base garibaldino, che, dopo aver comunicato di essere totalmente contrario alla fusione, ha già avviato la procedura per andare allo sciopero già prima di Natale e di muoversi sulla stessa linea di mobilitazione, decisa, una settimana fa, dagli autoferrotranvieri di Genova. Sullo, scottante, argomento ha preso posizione anche l’onorevole Antonio De Poli. «Un sì appassionato alla fusione visto che le aziende di Tpl in house non possono più sussistere dice il parlamentare padovano dell’Udc «Ma stiamo molto attenti a non peggiorare la tenuta occupazionale dei dipendenti, non abbassare le loro condizioni salariali e normative e, quello che conta ancora di più, a non ridurre, ulteriormente, l’offerta del servizio pubblico ai cittadini. Sia in città che nei paesi della provincia»

 

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